Marcello Carriero, “Roberto Rizzo, Meridiani e paralleli”

“Exibart.com”, recensione della mostra Meridiani e paralleli, Nuova Galleria Morone, Milano, Gennaio 2017

La mostra di Roberto Rizzo […] in corso alla Nuova Galleria Morone di Milano innesca una riflessione pressoché inevitabile sulla pittura astratta contemporanea. Sicuramente Roberto Rizzo incarna l’ultimo lascito della pittura analitica, risolta in una stesura coerente, dove i diversi trattamenti della superficie si pongono dialetticamente in relazione con la sagomatura del supporto. […]
Rizzo risolve questo portato in un andamento verticale come una cascata fragorosa, scorta nell’inquadratura geometrica che s’apre come una finestra nel monocromo; […]. Solamente un esame più attento ci fornisce i dati essenziali di queste opere fatte di una pittura tersa e raffinata; i supporti sagomati di Rizzo, oltre a affermare il carattere oggettuale del quadro schermo, raccolgono diversi caratteri del procedere della pennellata che tesse le fitte trame della copertura monocroma mentre nel brano centrale trascina più violentemente il colore.
La diversa scrittura pittorica alterna in tal caso la mistificazione della copertura meccanica, alla sua più urlata evidenza del mezzo alla ricerca di un equilibrio formale risolto come coerente spazio dell’immagine.
Rizzo, infatti, con le interruzioni dei tagli e la morbidezza degli angoli dei suoi quadri interroga l’assenza della pittura almeno quanto la sua differente declinazione.
[…] per Rizzo ogni quadro è la dimostrazione di un processo di qualificazione della superficie sia come luogo della pittura, sia come strutturazione dello spazio della visione […].
[…] Roberto Rizzo, […] lavora minuziosamente sulla stessa opera per mesi elaborando le due dimensioni cromatiche all’interno di un unico progetto plastico; senza evitare il portato storico della prassi cui si attiene, riporta in questa elaborazione al suo schema suggestioni cromatiche provenienti dalla pittura manierista e dalle più ardite peripezie moderniste e dice: «La mia posizione non rimpiange i dogmatismi della forma moderna, ma considera che qualunque tipo di pensiero, per sopravvivere e costruire cultura, debba necessariamente essere veicolato da una forma».