Angela Madesani, “Chronos”

Testo nel catalogo della mostra Chronos, Palazzo Colleoni, Cortenuova, Aprile 2017

Il Tempo è uno stato. È la fiamma nella quale
vive la salamandra dell’anima dell’uomo.
Il tempo e la memoria sono fusi l’uno nell’altra,
sono le due facce di una stessa medaglia.
È del tutto evidente che al di fuori del tempo
non esiste neppure la memoria.

Andrej Tarkovskij¹

La rassegna Chronos coinvolge otto palazzi storici ubicati in sei comuni della bassa bergamasca orientale. Alcuni di essi sono stati perfettamente ristrutturati, altri conservano evidenti i segni del tempo, dalla storia che gli è passata sopra, addosso. Fare una mostra sul tema del tempo, appunto, nel lavoro di oltre quaranta artisti di diversa provenienza, che utilizzano linguaggi differenti, mi pareva una sorta di dichiarazione per aprire una serie di mostre, a cadenza annuale, che avranno luogo in quegli spazi intitolate Le stanze del contemporaneo.
Il titolo di questa prima rassegna è un riferimento a XÞóvoꞔ, una divinità delle teorie teogoniche orfiche, sorte in Grecia verso il VI secolo a.C., intorno alla figura di Orfeo. Un dio alato privo di vecchiaia, che è all’inizio del tutto.
Il riferimento primagenio è per noi alla storia dell’arte, il tempo è, infatti, il materiale fondamentale degli storici, affermava Jacques Le Goff. Ovviamente un tempo documentario, materiale che nel caso della storia è quello sul quale le persone del presente si interrogano in relazione al passato.
Quello della storia dell’arte è un tempo storico, certo, ma mi piace sottolineare che potrebbe essere letto anche in maniera diversa. Per esempio come il concetto che di contemporaneità offre la storica dell’arte Nathalie Heinich, che tratta l’arte contemporanea come un vero e proprio genere, al di là di distinzioni di natura cronologica. Un genere che, in tale chiave, rompe con tutto quanto lo ha preceduto. Con l’arte contemporanea viene così a crearsi un dibattito strenuo, intenso, di natura altra rispetto a quanto era accaduto precedentemente.
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«La mia posizione non rimpiange i dogmatismi della forma moderna ma considera che qualunque tipo di pensiero, per sopravvivere e costruire cultura, debba necessariamente essere veicolato da una forma», queste le parole di Roberto Rizzo, per il quale fare pittura significa porsi in maniera cosciente all’interno di una prospettiva storica. Le sue opere si pongono, inoltre, in relazione dialettica con lo spazio. Sono tavole con gli angoli arrotondati e i lati smussati. La volontà dell’artista non è quella di proporre un punto di vista assoluto, ma, piuttosto, di rivendicare la legittima volontà da parte dell’arte di ricercare l’assoluto.
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1. A. Tarkovskij, Scolpire il tempo, ed. italiana, Milano, 1988, p. 55