Marcello Carriero, “Roberto Rizzo a Viterbo”

Merzbau.it, recensione delle mostre Roberto Rizzo, Galleria Miralli, Viterbo e Roberto Rizzo – Carte, Studio Fontaine, Viterbo, Settembre 2007

“La pittura nel suo margine tra visibilità della materia e campo della mente”. Questo potrebbe essere il sottotitolo delle mostre di Roberto Rizzo alla galleria Miralli e allo Studio Fontaine di Viterbo, mostre di quadri e di carte che mostrano il carattere problematico della pittura non figurativa contemporanea mettendo in luce un aspetto che non esclude la raffinatezza dell’uso tradizionale del linguaggio anzi, arriva proprio attraverso di essa ad un’inedita organizzazione della visione. Le opere di Rizzo suggeriscono ed interpretano temi storici della pittura, generi e tappe della storia dell’arte così da proporre una nuova contestualizzazione del colore e ribadire il suo portato evocativo. Rizzo, è concentrato su aspetti analitici e meta linguistici poiché non basterebbe a lui (e chiaramente a noi) vedere esaurirsi la pittura nella sua evidenza più immediata, pertanto Rizzo sfrutta i margini, il bordo dove avviene il contrasto, la resezione in cui isola l’immanenza del gesto in una zona di crisi, quasi un lembo di memoria sospesa nello spazio più generico del colore. Il dipingere è campionato e fermato in un esempio pseudo – emozionale, dal momento che tralascia ogni abbandono solipsistico per farsi scaturigine di un percorso di profonda auto analisi che cerca la misura continua del tempo durante il quale si costituisce l’immagine, un tempo in cui la materia torna ad essere protagonista con cangiantismi e roride stesure. Questo momento è recintato, chiuso da un confine ben definito geometricamente, una finestra aperta e pronta a far sprofondare nel caos l’occhio dallo stato assoluto della monocromia accentuando, al contempo, un’ineludibile distrazione. Il colore si muove in superficie ma chiama ad un ingresso che contraddice la piattezza del supporto sospeso e distanziato dal muro, a volte diviso da un netto diastema che interrompe la continuità del piano denunziando la mistificazione della pittura come fabulazione. Eppure nelle opere di Rizzo c’è un attaccamento alla genealogia del quadro al suo essere frutto del pensiero e non solo vuota icona da saccheggiare a piacimento, lo riscontriamo nei titoli dei quadri esposti alla galleria Miralli, in un allestimento che già per l’attenzione rivolta all’architettura rinascimentale delle stanze di Palazzo Chigi è prova di una particolare relazione con la storia.
I titoli come Terzo Marat (olio su tavola, cm 131,5X105, 2007) o Ritratto2 (olio su tavola, cm 65X51, 2007) rimandano, infatti, ad episodi della storia o ai generi della pittura e sono l’elaborazione di un grado assoluto della pittura intesa come sistema mentale a cui ci si può riferire per aprire l’accesso all’immagine tramite il viatico del colore. Rizzo, infatti, si è sempre basato su suggestioni naturalistiche (Oceano2, olio su tavola, cm 70X180, 2007; Deserto1, olio su tavola, cm 70X180, 2007) che sarebbe meglio definire suggerimenti del reale all’immaginario immessi in un processo di edulcorazione della forma e resi semplici dominanti cromatiche. Questi quadri sono paesaggi, quando sono formati orizzontali e ritratti quando sono verticali o brillanti linee di colore, ad esempio, come i Fulmini installati sulla parete bianca dello Studio Fontaine. Le carte, in fine, curatissime miniature delle opere più grandi, sono preziosi saggi di una ricerca che schiva la cifra pittorica per farsi accurata riflessione sulla natura della pittura, risultato di un’azione meccanica e pensiero puro.